Nociata

Nelle aree rurali e interne del Lazio sono sopravvissute intatte tradizioni di cultura materiale ancestrale. Numerose sono ad esempio le preparazioni a base di pane, dal pane cotto sotto cenere (pizzillo) al pane condito con olio e sale (panontella). Lo stesso accade nei dolci, caratterizzati da una ritualità legata all’incedere delle stagioni, e nei piatti. In particolare è ben diffuso nelle famiglie durante il periodo invernale l’usanza di produrre la nociata, a base esclusiva di miele e noci. La preparazione avviene spezzettando i gherigli di noce, in quantità doppia rispetto al peso del miele, ed inserendoli in un tegame dove il miele è reso liquido dal calore. Amalgamati opportunamente i due ingredienti, si stendono su ripiani di legno aiutandosi con cucchiai di legno o con le mani; infine si tagliano a forma romboidale. Ancora caldi si posizionano su foglie d’alloro; così vengono anche venduti, sovrapposti l’uno sull’altro. La irregolarità della nociata è la caratteristica di pregio che ne indica la fattura interamente manuale. La consistenza del prodotto finale non è friabile, ma piacevolmente morbida.

Curiosità:
Oltre alla nociata sono sopravvissuti numerosi cibi rituali, di fattura familiare. A Pasqua le femminucce ricevono un pane dolce decorato da un uovo a forma di colomba (palommella), i maschietti di medesima pasta, lu focile. A San Nicola e durante le festività natalizie, le ciambelle all’anice. Le stesse ciambelle sono distribuite in piazza dopo la processione il 6 gennaio.

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